di Luca Petruzzellis

Giovedì 17 Maggio, presso l’Ente Parco della Murgia Materana si è svolto un incontro tra i rappresentanti dell’Ente di gestione, agricoltori e rappresentanti delle associazioni venatorie, ambientaliste e animaliste locali. All’ordine del giorno c’era il problema dei cinghiali, molto diffusi nel nostro come negli altri parchi regionali della Basilicata.
Per motivi di lavoro né io ne altri membri dell’associazione SassieMurgia abbiamo potuto prendervi parte, ma ho voluto comunque seguire la vicenda ed esprimere mie considerazioni in merito ad uno dei problemi più gravi che interessano l’intero territorio del Parco. Questi suidi cresciuti in modo abnorme anche e soprattutto a causa degli sconsiderati ripopolamenti a fini venatori effettuati in passato, determinano danni notevoli alla vita vegetale e animale dell’area protetta e, di conseguenza, ai suoi delicati equilibri. Non bisogna dimenticare inoltre i danni alle colture (circa l’ottanta per cento delle terre entro il perimetro dell’area protetta appartengono a privati!), dato che la loro alimentazione consta prevalentemente di vegetali.

Ecco dunque che si pone il problema del contenimento della specie.
Non intendo avventurarmi in disquisizioni tecniche sui metodi di contenimento, non avendone le competenze, ma plaudo alla scelta dell’Ente di sospendere temporaneamente la pratica dell’abbattimento selettivo dimostratasi, sino ad ora, inutile ed improduttiva.
C’è la volontà dell’Ente di condividere il percorso che porterà -spero in tempi rapidi- alla soluzione del problema con tutti coloro che hanno, per un motivo o per un altro, voce in capitolo. E questo è già un risultato, visto che, stando al tenore di qualche commento letto su questo social network nei giorni precedenti l’incontro, pareva ineluttabile la chiusura dell’Ente Parco ad ogni soluzione alternativa alle doppiette!
Detto questo, invito tutti, ma proprio tutti, anche e soprattutto gli esperti in materia, ad elaborare una soluzione che sia meno cruenta possibile (parliamo pur sempre di esseri viventi!) e che tenga conto dei delicati equilibri dell’area protetta.
Ma bisogna anche che si sappia quali sono i reali termini del problema. Non posso che essere d’accordo con Gianni Palumbo quando sostiene che solo conoscendo la consistenza della popolazione di cinghiali presente nel Parco e le loro interazioni con gli ecosistemi dell’area protetta si possono individuare i metodi di contenimento più appropriati.
La scelta dovrà, infine, tener conto delle ristrettezze economiche in cui si trova l’Ente. Non voglio fornire alibi ad alcuno per non agire o, peggio ancora per agire superficialmente e male, cioè fin dove le risorse a disposizione consentono di arrivare. E’ un fatto indiscutibile la mancanza di risorse, specie in tempi di vacche magre, com’è quello in cui viviamo.
Quel che voglio dire è che i soldi possono essere reperiti in tanti modi. E tutti coloro che, per diletto o per professione, o per entrambe le cose, conoscono a fondo il Parco ed i suoi problemi, possono apportare il proprio fondamentale contributo anche nella direzione del reperimento di nuove risorse utili a finanziare migliori politiche di gestione dello stesso.